IL
CODICE OMBRA DEL TEMPIO
L ‘INCONVENIENTIA
Come è noto a tutti San Bernardo di Chiaravalle disciplinò
un rigidissimo codice etico comportamentale, da applicarsi alla rigidissima
vita dei “monaci guerrieri”, l'Ordine del Tempio doveva necessariamente
essere totalmente alieno da atteggiamenti mondani e violenti, tipici
anche dell'universo cavalleresco del tempo. pertanto doveva essere
posta in essere una Regola rigidissima, con la quale venivano anche
esortati gli alti dignitari dell'Ordine a selezionare severamente
le eventuali vocazioni. che altresì necessitavano di un esame,
di una prova “forte, veramente per eletti, per pochi onorevoli eletti
era necessario valutare se Il postulante poteva veramente essere
degno di divenire Cavaliere Templare.
“Metteteli alla prova per vedere se vengono da Dio”
La vita dell'Ordine era veramente dura, era chiaro che forte doveva
essere la fede il convincimento il credo, doveva essere la ragion
d'essere di ogni frate, non potevano certamente essere tollerate
fughe o diserzioni. che avrebbero messo in discussione la struttura
propria del Tempio.
Al centro di tutto c'era ”l'obbedienza assoluta e incondizionata
ai superiori”seguita da una convinzione ferrea, dettata da un'associazione
ideologica a di la della propria vita. Nello statuto gerarchico del
Tempio era previsto che i Cavalieri noi potessero abbandonare il
campo di battaglia per nessuna ragione, pertanto l'onore del Tempio
richiede va il sacrificio della vita, richiede va il “martirio” come
momento massimo di elevazione spirituale, come vero matrimonio e
comunione con il Cristo.
La normativa ufficiale scritta del Tempio, era custodita dagli
“anziani”e negli statuti risalenti alla seconda metà del duecento,
si e vince che il postulante doveva essere valutato o dal Precettore
della Magione ove avveniva l'entra tura, o da un dignitario di rango
superiore di passaggio, che veniva invitato a presenziare. Doveva
essere accertata la reale attitudine e pertanto il postulante veniva
esaminato per ben tre volte.
“Signore saprete sopportare l'insopportabile?” “Signore con l'aiuto
di Dio saprò sopportare qualunque cosa?”
A tal punto il postulante si spogliava delle vesti laiche per
indossare quelle monastiche e quando il Precettore gli allacciava
il mantello al collo il candidato era Cavaliere Templare.
E' dimostrato anche dagli atti del processo che il Capitolo dell'investitura,
prevedeva tre momenti focali:
LA LITURGIA
L'INTERROGATORIO,
LE PROMESSE D'ONORE
Successivamente il nuovo fratello veniva accompagnato in una saletta
attigua solitamente da anziani dell'Ordine ove gli veniva intimato: “Signore, tutte le promesse che ci avete fatto sono vuote parole,
adesso dovete dar prova con i fatti”
L'INIZIAZIONE
un complesso di riti di natura sociale e religiosa, tipico delle
società pre - tecnologiche, attraverso il quale la tribù
nella persona degli anziani a ciò preposti. realizza l'ingresso
degli adolescenti nella vita completa del gruppo con ferendogliene
tutti i diritti e imponendogliene tutti i doveri.
Proveniente dalla lingua latina, il termine iniziazione identifica
un inizio. Il verbo relativo, iniziare, sta a significare una particolare
azione o evento.
Le origini dei riti di iniziazione affondano le loro radici nella
preistoria, legate ai riti religiosi e di costume delle prime organizzazioni
umane.
L'iniziazione è ritenuta una procedura di fondamentale
importanza perché aiuta a costruire il rispetto.
Clemente V comprese che alla base del cerimoniale c'era l'esigenza
di mettere alla prova il novellino per verificare se era capace di
sopportare la disciplina durissima e l'obbedienza assoluta che il
Tempio esigeva.
I precettori davano un ordine assurdo e i nuovi Frati dovevano
comunque obbedire:
“È obbligatorio per te rinnegare tre volte quel Cristo
che quest'immagine rappresenta, e tre volte sputare sull'immagine
e sulla croce” Lui rispose che non lo avrebbe mai fatto, allora il
precettore lo rimprovero in maniera durissima, dicendogli. “Osi mostrarti
disobbediente ad un comando che ti stato dato?” e lo minacciò
di farlo mettere entro pochi giorni nella fossa del carcere di Merlanc,
se non avesse rinnegato ‘ (dal Registro Avignonese 48, deposizione
XL VI).
Quando i cardinali che aveva mandato a Chinon per interrogare
il Maestro sua vece gli riportarono il resoconto dell'inchiesta,
il papa poté confermare i suoi sospetti.
Questo risultava dall'interrogatorio di Jacques de Molay: il precettore
gli impose al momento del suo ingresso di negare quel Dio del quale
vede va l'immagine sulla croce, e di sputare sopra la croce.
Lui obbedì però non sputò sulla croce ma
solo per terra, di lato. Anche il rinnegamento lo fece solo con le
parole, non con il cuore: dopo averlo interrogato con molta diligenza,
appurarono che sulla sodomia, sulla venerazione di un idolo, sui
baci illeciti e le altre cose non sapeva proprio niente.”
Anche gli altri dignitari confermarono: “quel rinnegamento e le
altre cose che avvenivano durante la cerimonia d ‘ingresso si facevano
so/o con i gestì, non con il cuore".
Chiestogli i Commissari perché venivano compiute, visto
che spiacevano tutti rispose che erano obbligatorie perché
facevano parte delle tradizioni dell'ordine.
"Però si sperava sempre che quelle indecenze venissero abolite,
prima o poi” (dall'inchiesta di Chinon, A.A. Arm. b 217). dall'interrogatorio
di Jacques de Molay il papa maturò, quindi un convinzione
medita per gli storici di oggi e assolutamente inattesa.
Clemente, sebbene indignato perché lo Stato Maggiore dell'ordine
aveva tollerato volgari tradizioni da caserma, era convinto che i
Templari non fossero affatto eretici.
Non intendeva condannare un ordine che aveva servito la Chiesa
secondo la propria finalità specifica e che, se opportunamente riformato
e corretto nei suoi costumi, avrebbe potuto ancora essere molto utile
agli obiettivi della politica cristiana medio Oriente ed in Europa.
Come si può evincere da documento appena scoperto dalla
dottoressa Barbara Frale, il Papa dichiara che: il Gran Maestro
Jacques de Molay e con lui l'intero Stato Maggiore del Tempio, avendo
fatto ammenda solenne per le loro colpe secondo quanto imposto dal
pontefice, erano stati assolti:(..) e poiché avevano chiesto
umilmente il perdono della Chiesa per quelle colpe implorando il
beneficio dell'assoluzione, decretiamo che siano assolti dalla Chiesa,
che siano riabilitati nella comunione cattolica e che possano ricevere
i sacramenti cristiani”
Una conclusione rivoluzionaria ed inaspettata
A 700 anni da quel giorno, possiamo annunciare che il Tempio era
innocente d'eresia. Un fatto storicamente riconosciuto ma che oggi
possiamo annunciare “per sentenza emessa” addirittura con la restituzione
dei sacramenti: il papa non l'avrebbe mai permesso, se non fosse
stato sicuro che i Templari non erano eretici.
I Rituali eretici d'Ingresso
Il rinnegamento e lo sputo sulla croce che Filippo il Bello aveva
manipolato e fatto passare per una prova d'eresia, con l'aiuto dei
suoi migliori avvocati quali Guglielmo di Nogaret, apparteneva ad
un cerimoniale segreto d'ingresso effettivamente in uso presso l'ordine
del Tempio: il postulante che chiedeva di entrare nell'ordine era
messo a confronto con le violenze che i Saraceni compivano sui Templari
catturati per costringerli rinnegare Cristo e oltraggiare la croce.
Terrificante ed imposto sotto minaccia di morte, il rito di iniziazione
era una messinscena che dove va spaventare il postulante per metterlo
alla prova e consentiva ai suoi superiori di verificare immediatamente
la tempra del futuro confratello, la capacità di autocontrollo
e di subordinazione ai superiori, l'attitudine al comando.
Il rituale era stato tollerato perché gli inquadratori
vi ravvisa vano un qualche valore formativo sulle reclute, ma durante
il corso del ‘200 la sua forma originaria si era degradata.
Tra gli atti d'accusa vi era anche il bacio sul sedere, che secondo
quanto emerso dagli interrogatori aveva la finalità di umiliare
il novellino dinanzi ai più anziani. E' molto probabile che
le notizie su questo atto siano state “manovrate a arte” ovvero “malcomprese”
per favorire le accuse all ‘ordine: ancora oggi tale pratica tipica
di rituali in uso in comunità orientali, da cui i Templari
potrebbero forse aver attinto durante la permanenza in Terra Santa.
Questi gruppi iniziatici medio-orientali praticano cerimonie d'iniziazione
a cui si usa baciare l'osso “sacro” (e non il sedere) in quanto considerato
luogo d energie divine nell'uomo (e questo spiega anche il perché
del termine “osso sacro in uso ancora oggi” Non ci sarebbe da sorprendersi
se in futuro emergessero prove che i Templari videro usare questa
pratica da altri in Terra di Siria-Palestina e l'applicarono come
scherzo nelle loro cerimonie goliardiche.
Lo stesso Jacques de Molay, prima di diventare Gran Maestro, aveva
condannato queste tradizioni militari degradate, mettendo in guardia
la dirigenza perché esse potevano arrecare seri danni all'intero
ordine: ma la repressione noi fu abbastanza efficace e proprio da
ciò partirono gli avvocati del re di Francia per costruire
con grande maestria le loro accuse.
La grande Farsa
Sebbene dal 1308, quando quest'inequivocabile
giudizio prese corpo, al 1314, quando il Gran Maestro ed il Precettore
di Normandia vennero consegnati alle fiamme, fossero passati sei
anni, esso non venne mai pubblicamente dichiarato e l'ordine non
poté godere di tale piena assoluzione. Il documento ritrovato
dimostra comunque che nella sua inchiesta dell'estate 1308 ( l'unica
vera inchiesta legittima sui Templari sino a quel momento), Clemente
V aspetta di vedere se i dignitari del Tempio si piegheranno alla
sua strategia difensiva e chiederanno il perdono della Chiesa, il
solo modo per poterli assolvere dalla scomunica in cui erano incorsi
ipso facto per aver rinnegato Cristo, anche se in forma puramente
verbale, e per il rituale dello sputo sulla croce emerso durante
gli interrogatori.
Solo dopo averli assolti e ricongiunti alla Chiesa, riservando
inoltre esclusivamente alla sua persona il giudizio sui massimi dignitari
del Tempio, il papa ordina l‘apertura delle inchieste in tutta la
cristianità e restituisce i poteri all'Inquisizione. Il destino
dei beni templari situati in territorio francese era già segnato
da tempo, ma mettere al sicuro lo Stato Maggiore del Tempio sottraendolo
alla condanna significava per il papa la possibilità di riformare
l'ordine, dopo aver riformato la regola epurando tradizioni degradate
emerse dai processi e di ridargli una nuova funzione nell'ambito
della Chiesa.
Ironia della sorte, nonostante la precisa volontà
di Clemente V di sottrarre dalle mani del re di Francia i prigionieri
detenuti illegalmente nelle prigioni d'Europa, annullando la bolla
“Pastoralis Praeminentiae" sarà lo stesso pontefice decretare
la loro fine due anni dopo, nell'assise di Vienne del 1312, quando
scioglierà dell'ordine del Tempio, sebbene non per condanna
giudiziaria m esclusivamente per le colpe di molti suoi membri.
Un giudizio che non intaccava la sfera religiosa dell'operato
templare, in sintonia con quanto dichiarato nella prima sentenza
appena scoperta, ma che fu ratificato con la bolla “Vox in Excelso”
e la successiva “Ad Providam” del maggio 1312 in cui si ordinò
il passaggio dei beni dei Templari all'ordine Giovannita. L'importante
scoperta di questa “assoluzione piena” e i nuovi dati storici emersi
dal ritrovamento del 13 settembre impongono di ricalibrare notevolmente
per alcuni aspetti il bilancio storiografico sul processo dei Templari;
i risultati saranno discussi in un saggio storico di prossima pubblicazione
a cura della stessa dottoressa Frale, che fornirà anche il
fac simile identico della pergamena di Chinon.
Sebbene piuttosto controcorrente rispetto ad una parte della storiografa
su Tempio, la figura di Clemente V che emerge dalla recente scoperta,
trova importanti riscontri negli studi di autorevoli esperti della
storia pontificia come Edith Pdzstor e Agostino Paravicini Bagliani
i quali hanno dimostrato come la vecchia immagine di “papa debole
e succube del sovrano francese” sia da rigettare per lasciar posto
a quella di un diplomatico e canonista molto esperto, che s muoversi
con grande prudenza e intelligenza in uno dei periodi storici più
difficili per la Chiesa di Roma.
Nonostante ciò, i nuovi dati se da una parte rendono la
figura storica di Clemente V, certamente più solida e anche
“umana", lasciando in esclusiva al re di Francia Filippo il Bello
la qualifica di infame carnefice, dall'altra rafforzano la debolezza
dell'intero corpo canonico di quel tempo che, di fronte ad un sovrano
dispotico e alla sua strutturata organizzazione politica (e spionistica:
due valenti avvocati difensori dei Templari sparirono misteriosamente
durante il processo) non seppe rispondere con adeguati mezzi per
affermare la sovranità di giudizio in ambito ecclesiastico.
Ciò fu anche dovuto alla situazione politica in cui la
Chiesa si trovava allora, stretta tra l'imbarazzante processo per
eresia alla memoria di Bonifacio VIII e la minaccia di uno scisma,
di cui il re di Francia si faceva portavoce.
Clemente operò una scelta quasi obbligata. Probabilmente
rinunciò a dichiarare ufficialmente innocente l'ordine Templare
e a riformarlo, per evitare lo scisma e mettere fine allo scomodo
processo su Bonifacio. Con lo scioglimento dell'ordine Templare Clemente
sperava nella consegna del Gran Maestro e degli altri nobili membri
al fine di porli sotto custodia della Curia pontificia con dei “comodi”
arresti domiciliari. Richiese pertanto che i prigionieri non fossero
giudicati da alcuno se non dalla sua autorità.
Il 18 marzo 1314 fu convocato a Parigi un concilio straordinario
sotto la guida dei cardinali de Freariville, d'Auch e Nouvelle, in
cui Jacques de Molay e Geoffrey de Charny ritrattarono a sorpresa
le confessioni dichiarandosi innocenti. Ciò comportò
un notevole imbarazzo tra i prelati che richiesero di esaminare all'indomani
la questione. Era troppo per Filippo il Bello.
A sorpresa, così come li aveva arrestati, li fece prelevare
dalle carceri senza l'autorizzazione del pontefice e li fece condurre
su un' isoletta della Senna dove vennero ingiustamente bruciati,
cancellando del tutto l'ultima possibilità di riabilitazione
dell'ordine Templare. Perì così nell'ingiustizia di
una sentenza di assoluzione inapplicata (e sino ad oggi sconosciuta)
e per l'infamia di un re senza scrupoli un Ordine che aveva fatto del Cristo il suo nome e la sua missione,
lasciando all'Europa i semi di un'evoluzione sociale che germoglierà
solo secoli dopo.
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