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Feroce il Saladino? Giudicate voi

Il Feroce Saladino
di Pierfrancesco De Marco

 

I Rapporti con Re Riccardo Cuor di Leone, con i Templari, Ospitalieri e con il popolo cristiano. Leale, tollerante, ma anche indubbiamente feroce.

Durante la battaglia ingaggiata a poca distanza di Giaffa contro l'esercito di Saladino (5 agosto 1192), mentre Re Riccardo Cuor di Leone benché appiedato continuava a combattere tra i suoi fanti (avendo perso il cavallo caduto sotto il tiro delle frecce nemiche), fu raggiunto da uno scudiero del Sultano incaricato da questi di consegnargli un inaspettato omaggio: due splendidi destrieri da guerra per permettere al Re inglese di riprendere a combattere come il suo rango esigeva. Nonostante Saladino avrebbe tratto grande vantaggio dalla sconfitta del rivale, non tollerava l'immagine di un Re che combatte a piedi.

La storia non dice se Riccardo ringraziò del pensiero "cavalleresco" il suo avversario, ma certamente ne approfittò per continuare con lo stesso impegno la battaglia; tanto che verso il tramonto l'esercito di Saladino ripiegò, lasciando il campo al Re inglese.

In effetti, è probabile che lo stesso Saladino fosse rimasto affascinato dal modo in cui questo formidabile guerriero era riuscito a rovesciare le sorti di quella che sembrava essere un'imboscata perfetta.

Avvertito alle prime luci dell'alba dell'arrivo dei musulmani, Riccardo aveva rapidamente disposto le scarse forze a sua disposizione in modo da fermare le cariche della cavalleria nemica: le tende erano state smontate per formare con i paletti delle palizzate dietro le quali presero posto i fanti. Dietro ogni coppia di soldati protetti dagli scudi e con le lance rivolte verso la pancia dei cavalli, stava un arciere armato con il tipico arco lungo inglese, capace di tirare fino a 150 metri e passare le maglie degli usberghi.

Dopo aver retto a sette cariche e sfinito la cavalleria araba, verso la fine della mattinata Riccardo ebbe l'ardire di passare dalla difesa all'attacco, pur disponendo di soli 54 cavalieri, dei quali 15 in possesso di una cavalcatura.

Per Saladino il fallimento di quest'impresa era motivo di rabbia oltre che di delusione, ma da avversario leale, quale era, poteva riconoscere le grandi doti militari del Re Inglese. Per questo quando vide il coraggio con il quale questi continuava il combattimento pur essendo rimasto privo del cavallo, quasi dimentico che le teste che cadevano sotto i colpi di Riccardo erano quelle dei suoi uomini, il nobile Sultano ritenne insopportabile lasciare un Re combattere a piedi come un semplice fante.

La storia di quella che è ricordata come Terza Crociata, così come la storia delle gesta del Saladino, sono ricche d'episodi dai quali emerge la figura di un condottiero leale, tollerante e benevolo anche nei confronti dei suoi avversari. Di certo com'è destino per tutti i "grandi", anche la sua immagine fu certamente romanzata dai cronisti, sia arabi sia occidentali, esaltando alcuni aspetti del carattere e gli avvenimenti che davano maggior risalto al suo agire, accantonando i meno nobili. Già nel secolo successivo alla Crociata, circolava in Europa la leggenda di un Saladino eroe "giusto", vicino alla conversione al Cristianesimo e investito cavaliere (o desideroso di divenirlo).

Al termine della battaglia nei pressi del lago di Tiberiade, con la quale era riuscito a piegare l'esercito cristiano (Hattin, 3-4 luglio 1187), Saladino fece portare nella sua tenda alcuni dei prigionieri più "illustri"; al povero Re Guido di Lusignano, stravolto dalla paura e dalla sete, il Sultano offrì una coppa d'acqua in segno d'ospitalità, il che nelle consuetudini musulmane significava essere considerati ospiti e come tali rispettati. In altre parole, anche se prigioniero il Re aveva salva la vita.

Ma quando questi passò la coppa al suo vicino Renaud de Chatillon, per il quale Saladino provava un astio feroce (e si poteva giustificarlo per l'arroganza e la spavalderia di questo nobile che non aveva rispetto per nessuno), e al quale non voleva riconoscere la stessa protezione offerta al Re, dopo aver apostrofato il cavaliere rimproverandogli i suoi misfatti, Saladino lo colpì con la spada tra il collo e la spalla e lo fece finire dalle sue guardie che lo decapitarono.

Questo potrebbe sembrare un gesto di ferocia estrema, ma va riconosciuto che la condotta del principe Renaud era stata sempre ispirata dall'arroganza e dall'indole predatoria; l'atteggiamento di sfida perpetua nei confronti dell'Islam (ma in fondo di chiunque tentasse di porre limiti al suo agire), come l'assoluta mancanza di rispetto delle popolazioni locali e della loro fede, rappresentavano un'offesa che avrebbe esasperato la pazienza di qualsiasi avversario.Al Saladino che gli rimproverava le sue colpe chiedendone giustificazione, il cavaliere rispose con la solita spavalderia, quasi non fosse intimorito di trovarsi prigioniero di colui che lo considerava un nemico della fede e, come tale, da eliminare.

Stessa sorte toccò ai Templari e agli Ospedalieri che furono trucidati all'indomani della battaglia: i soli prigionieri verso i quali il Sultano non mostrò la consueta clemenza. Anche in questo caso tuttavia, Saladino aveva le sue giustificazioni; sapeva bene, infatti, che questi strani monaci soldati, erano i veri Crociati perpetui, i soli non disposti a scendere a compromessi o tradire il loro voto di combattere per la fede Cristiana. La loro era una Crociata permanente, combattuta fino al martirio, e se fatti prigionieri, non era neppure possibile richiedere un riscatto, che nessuno avrebbe pagato: tanto valeva eliminarli!

Al contrario si dimostrò clemente con la popolazione cristiana di Gerusalemme che conquistò pochi mesi dopo la Battaglia di Hattin (20 ottobre 1187); consapevole che molti tra i prigionieri non avevano le possibilità economiche di riscattare la loro libertà e per questo sarebbero finiti schiavi, il nobile Saladino scelse di liberare tutti gli anziani, sia uomini che donne. Alle donne franche i cui mariti erano prigionieri promise di liberarli, mentre alle vedove e agli orfani, per i quali non pretese riscatto, offrì persino dei doni presi dal suo tesoro; permise inoltre a suo fratello al-Adil di rimettere in libertà un migliaio di prigionieri ed un numero di poco inferiore lo affidò al patriarca della Città Santa.

Per contro, lo stesso patriarca uscì con un carico di ricchezze ed una scorta per raggiungere Tiro, pagando solo 10 dinar come gli altri.

I suoi tesorieri contestavano questa generosità, chiedendo di aumentare il tributo dei più ricchi, ma "...se Saladino aveva riconquistato Gerusalemme non era per ammassare oro e ancor meno per vendicarsi. Aveva cercato di compiere il proprio dovere nei confronti del suo Dio e della sua fede. La sua vittoria era quella di aver liberato la Città Santa dagli invasori, e questo senza spargimento di sangue, senza distruzioni, senza odio." (A.Maalouf, Le Crociate viste dagli Arabi).

In netto contrasto con la generosità del nobile condottiero, Riccardo Cuor di Leone si sarebbe dimostrato certamente più "feroce" durante la Terza Crociata, facendo decapitare circa tremila prigionieri nella città d'Acri.

Tra gli episodi che mostrano l'animo nobile e leale del condottiero curdo riuscito ad unificare l'Islam, se ne contano alcuni anche divertenti; durante l'assedio al castello di Kerak, Saladino ricevette la notizia che nella fortezza si stava celebrando un matrimonio. La madre dello sposo, che aveva conosciuto Saladino in passato, gli inviò delle pietanze del banchetto nuziale e questi in segno di riconoscenza, si informò in quale ala del castello era alloggiata la coppia e diede ordine di non bombardarla con le catapulte. Solo l'arrivo in lettiga del coraggioso Baldovino IV, il Re lebbroso, convinse il Saladino a togliere l'assedio, anche per rispetto al giovane Sovrano.Riccardo Cuor di Leone tratta la pace con Saladino.

Durante la sua permanenza in Terra Santa, Riccardo, propose al fratello di Saladino al-Adil, per il quale provava grande ammirazione, di sposare sua sorella Giovanna; quest'unione avrebbe permesso la fine delle ostilità tra l'Islam ed i Cristiani, tutti i prigionieri di entrambi gli schieramenti sarebbero stati liberati, i possedimenti degli Ordini militari in Palestina sarebbero tornati in loro possesso, e nella Città Santa i Cristiani avrebbero avuto libero accesso.

Informato di questa proposta, il Saladino avrebbe riso considerandola una trovata scherzosa, e si sarebbe detto d'accordo.

Alle rimostranze della sorella che, risentita, informò Riccardo che mai avrebbe accettato un matrimonio con un musulmano, il Cuor di Leone avrebbe mandato candidamente a chiedere ad al-Adil se aveva difficoltà ad accettare di convertirsi al Cristianesimo.

Certamente Saladino desiderava cacciare i crociati da quella che anche per lui era la "Terra Santa", e suo obbiettivo principale era sottrarre ai Cristiani il dominio su Gerusalemme, ma non provava odio per i nemici nella fede. La sua visione del Cristianesimo era quella di un fedele dell'Islam che considerava la religione della Croce alla stregua di un'idolatria blasfema: catturata la reliquia della Vera Croce alla Battaglia di Hattin, ne aveva fatto oggetto di derisione e disprezzo, così come, dopo la Conquista di Gerusalemme, aveva fatto abbattere la grande croce di ferro innalzata sulla moschea di Omar; con incenso ed acqua di rose aveva fatto purificare i luoghi sottratti ai cristiani.

Nonostante ciò, la sua avversione per loro non raggiunse mai la spietata determinazione di altre figure di condottieri dell'Islam, manifestando se non un vero e proprio rispetto, una certa forma di tolleranza.

Riconquistare alla fede nell'unico Dio quelle terre sulle quali si erano abbattute le orde degli "infedeli", non giustificava per Saladino il ricorso alla violenza cieca; benché per attuare il suo disegno di liberazione ricorse alla lotta armata (e non furono certo pochi gli scontri che lo videro comandare le sue truppe contro i cristiani), la sua guerra era "leale" e non si accaniva contro gli avversari.

Tollerante fino quasi alla clemenza nei confronti di donne ed anziani, Saladino rispettava i prigionieri di guerra, soldati compresi e, ad esclusione di quelli che riteneva nemici giurati ed intransigenti come i Templari e i cavalieri di San Giovanni, risparmiava loro la vita.

All'indomani della riConquista di Gerusalemme e dopo averne allontanato la popolazione cristiana, Saladino permise a due vegliardi, nati durante il pellegrinaggio dei loro genitori al tempo della Prima Crociata, di rimanere a vivere in città.

Ad un prigioniero ormai avanti negli anni presentato al suo cospetto, Saladino chiese cosa mai lo avesse spinto tanto lontano dalle sue terre a combattere genti che non conosceva; commosso dalla richiesta di questi di poter pregare sul luogo del Santo Sepolcro, comandò ai suoi uomini di accompagnarlo.

Episodi di questo tipo sono riportati numerosi; veri o presunti che siano, contribuiscono a rafforzare l'immagine di un Saladino "buono" e "generoso", una sorta d'animo nobile ed illuminato.

Un poema francese dei primi del Duecento (Ciento novelle antike), narra di un crociato, Hugues de Tabarie catturato alla Battaglia di Hattin, al quale il Saladino chiede di essere ordinato cavaliere; dapprima riluttante, il nobile signore lo accontenta, spiegando il simbolismo delle varie fasi della cerimonia d'addobbamento, non senza aver precisato che requisito fondamentale di un cavaliere è la fede cristiana:" ... il Santo ordine della cavalleria mal collocato sarebbe in voi che siete della cattiva legge e non avete battesimo né fede; e che follia farei se volessi vestire di sete un letamaio?..."

Persino Dante nel Convivio nomina il Saladino tra i signori liberali e magnanimi, e nella Divina Commedia, mentre non risparmia l'Inferno a Maometto, lo colloca nel Limbo insieme agli spiriti "magni".

Ai primi del mese di ottobre del 1192, Riccardo Cuor di Leone s'imbarcava alla volta dell'Europa, dopo aver stipulato con il Saladino una tregua di tre anni ed otto mesi, che concedeva ai crociati il controllo di una striscia costiera, permettendo a cristiani e mussulmani di circolare liberamente.

Il sultano, sfiancato al pari del suo avversario dal lungo periodo di guerra, non ebbe molto tempo per rallegrarsi di aver resistito alla offensiva occidentale; il 4 di marzo del 1193 si spense, in povertà, circondato dai suoi famigliari.

A conclusione di questa breve esposizione sulla figura del condottiero della mezzaluna, mi sembra indicato concludere con una frase del Prof. Franco Cardini, tratta dal suo libro "Il Saladino" (1999, ed. Piemme):

"Forse il Saladino non ha niente a che fare con la tolleranza. Ma i personaggi storici finiscono con l'essere più importanti per quel che significano per i posteri che non per quello che sono davvero stati. Questa non è un'implicita affermazione che, nello studio della storia, sia bene abbandonare la speranza di riuscir mai davvero a sapere come siano andate le cose: al contrario, chi ama la storia non può non tendere a questo fine. E' solo un invito a cercar in essa quell'intimo insegnamento che ci aiuta a cogliere sempre meglio la sostanza del nostro appartenere al genere umano."

 

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