LA
SETTA DEGLI ASSASSINA
La Setta politico-religiosa di fanatici musulmani, fondata in
Persia nel 1090 da Hassan ben Sabbah
I suoi seguaci, professando
cieca fedeltà al capo, che aveva su di loro poteri assoluti
di vita e di morte, compivano distruzioni e massacri di musulmani
ortodossi. La setta si schierò prima dalla parte dei Fatimiti
egiziani, poi contro di essi, al fianco di Nizar, fratello e rivale
del capo dei Fatimiti. Decadde nel 1124, alla morte del suo fondatore.
Gli Assassini si diffusero anche in Siria, ove combatterono contro
i Crociati, uccidendo nel 1152 il conte Raimondo di Tripoli e, nel
1182, Corrado, marchese del Monferrato; tentarono perfino di uccidere
il Saladino. Il ramo di Siria fu distrutto dal Sultano d'Egitto nel
1273.
Hassan ben Sabbah
La Setta degli Assassini, adorava una misteriosa divinità
chiamata Bafometto. Per alcuni il Bafometto altro non era
che il Santo Graal; prima di essere sgominati, gli Assassini lo avevano
affidato ai Cavalieri Templari, che lo avevano portato in Francia
verso la metà del XII secolo; e del resto Wolfram aveva battezzato
"Templeisen" i cavalieri che custodivano il Santo Graal
nel castello di Re Anfortas.
Se le cose fossero davvero andate così, ora il Santo Graal
si troverebbe tra i leggendari tesori dei Cavalieri Templari (mai
rinvenuti) in qualche sotterraneo, di qualche castello.
Lettera di Roncelin de Fos (Maestro di
Provenza) a Richard de Vichiers:
"Mio caro fratello in Cristo, qui ad Acri, posso oggi scriverti
per riferirti il successo della missione che mi affidasti il giorno
della nascita del Nostro Signore nell'anno 1243 quando il diacono
dei Buoni Uomini (Catari), Pierre Bonnet, giunse alla nostra Casa
e chiese il nostro aiuto per proteggere il loro Tesoro. Tu mi affidasti
l'impegno di accompagnare e scortare le Buone Dame e la loro Reliquia
al nostro Tempio e consegnarla segretamente a tuo fratello. Partii
la sera stessa dalla nostra casa di Pieusse e fui guidato dal Buon
Uomo Bonnet fino alla grotta fortificata di Niaux, dove protette
da un Buon Uomo trovai sette Buone Dame. La notte stessa ci separammo:
mentre i due Buoni Fratelli continuavano il loro cammino per nascondere
il resto del loro tesoro, le dame viaggiarono, protette da me, su
un carro con la Reliquia di Giuseppe.
Seguendo il tuo suggerimento, per confondere gli eventuali inseguitori
non ci dirigemmo verso i nostri porti del Mediterraneo ma andammo
fino a La Rochelle dove ci imbarcammo per Bari; ritenni infatti più
prudente sbarcare in Terra Santa proveniente dalla Sicilia e non
dalla Francia. Alcuni mesi dopo, nonostante la tragica notizia della
caduta di Gerusalemme decidemmo di imbarcarci da Bari per la Terra
Santa ma quando sbarcammo ad Acri sapemmo della tragedia: un mese
prima le forze cristiane erano state massacrate a La Forbie, dove
perì anche il nostro Gran Maestro Armand, che Dio lo abbia
in gloria; la speranza di recuperare Gerusalemme era perduta.
Arrivato, fortunatamente, seguii di nuovo il tuo consiglio: invece
di rivolgermi al Gran Maestro mi rivolsi direttamente a tuo fratello
Renaud e questi, quando seppe di cosa si trattasse, mi fece giurare
di non farne parola al nuovo Gran Maestro, Richard de Bures, uomo
molto amico (e secondo tuo fratello prezzolato) del signore di Tiro,
Filippo Montfort, nipote di quel Simone che sta combattendo contro
i Buoni Uomini. La crociata contro il conte di Tolosa, mi spiegò
tuo fratello, è stata scatenata da forze malvagie per impossessarsi
della Reliquia di Giuseppe e tuo fratello sospetta addirittura che
la nomina del Gran Maestro sia stata favorita da queste forze per
recuperare altri potenti oggetti che noi Templari proteggiamo, custodiamo
e nascondiamo dai nemici perché non siano rivelati prima dall'ora
designata. Tuo fratello si rivolse invece ad un altro fratello, Guillaume
de Sonnac, di cui aveva assoluta fiducia; la tremenda situazione
in cui si trovano oggi i cristiani sotto gli attacchi di Satana è
dimostrata dal fatto che tuo fratello decise, con l'avvallo di Guillaume,
di chiedere aiuto agli infedeli, ai seguaci del Saggio della Montagna.
Per calmare i miei scrupoli per questa alleanza con i nemici,
non solo mi convinse che il Saggio era più amico nostro che
il Montfort, ma mi mostrò un documento straordinario: in esso
il nostro fondatore racconta che alla sua morte il Saggio della Montagna
gli aveva inviato un sigillo di grande potere magico chiedendogli
di nasconderlo e proteggerlo dai seguaci di Satana; perplesso il
nostro fondatore era partito per la Francia per consegnarlo al santo
uomo che ha redatto la nostra regola. Ma il santo abate ebbe parole
di onore per il Saggio e ordinò al nostro fondatore di custodire
questo oggetto. Sappi che il sigillo e la documentazione alla morte
del nostro Gran Maestro Armand, che Dio lo abbia in gloria, sono
stati nascosti da tuo fratello e da Guillaume che temono le trame
del Montfort. Tale sono gli intrighi di Satana che per difendersi
bisogna essere "prudenti come serpenti".
I seguaci del Saggio della Montagna, contattati da tuo fratello
accompagnarono lui, me e le sette Buone Dame fino alla Valle di Mosè.
Lì vidi una meraviglia che mi lasciò senza fiato: una
montagna in cui sono stati scolpiti e scavati templi e palazzi e
chiese e tombe. Lì i seguaci del Saggio ci guidarono ad un
altare scavato sul fianco della montagna sulla cima del quale era
inciso un simbolo che ti disegno: (Il disegno è quello del
simbolo dell'infinito; ognuno dei due cerchi contiene il simbolo
di un otto; ognuno dei quattro cerchi degli otto contiene un punto
spesso). I seguaci del Saggio ci mostrarono come l'altare può
aprirsi: è necessari introdurre contemporaneamente in
ognuno dei quattro buchi al centro dei cerchi un medaglione dalla
foggia curiosa. Consegnarono quindi una di queste chiavi a ciascuna
delle sette Buone Dame che deposero nella tomba la Reliquia di Giuseppe.
Voglia Dio che resti per sempre nascosta e protetta dagli attacchi
di Satana fino all'ora designata per la sua rivelazione, nonostante
una possibile minaccia. Una delle sette Buone Dame fu infatti catturata
dal signore di Tiro e torturata a morte, che Dio abbia pietà
della sua anima. Il signore è venuto quindi in possesso di
una delle chiavi ed è a conoscenza del ruolo di tuo fratello,
mio e dei seguaci del Saggio a fargli perdere per sempre la reliquia
per la quale la sua famiglia ha versato tanto sangue innocente".
Seconda lettera:
"Mio caro fratello in Cristo, devo scriverti notizie dolorose
e che straziano il mio ed il tuo cuore. Forse ti è già
giunta la notizia della tragica morte di tuo fratello, che Dio lo
abbia in gloria, insieme a malevoli commenti. Sappi che tuo fratello
è immune delle macchie di cui è accusato: la sua sola
colpa è quella di aver seguito il compito che ci era stato
affidato dal sant'uomo Bernando che scrisse la nostra regola e ci
impose di proteggere, custodire e nascondere dai nemici di Dio e
dai servi di Satana quegli oggetti potenti che non devono essere
rivelati prima dall'ora designata.
Quando Re Luigi sbarcò a Cipro si crearono subito degli
scontri nella gestione delle operazioni tra il Re che voleva agire
immediatamente e i nobili locali (tra cui il nostro Gran Maestro
Guilleume) che suggerirono prudenza. Lo scontro divenne più
duro quando il re ordinò al Gran Maestro di cessare le trattative
col sultano di Damasco. La campagna in Egitto del Re, fu una follia
militare e causò la morte del nostro Gran Maestro Guilleume,
che Dio lo abbia in gloria, e si concluse con la cattura del Re.
Liberato il Re e tornato ad Acri, Luigi, istigato da Filippo Montfort,
pretese che il maresciallo del Tempio, Ugo di Jouy, il quale aveva
trattato col sultano per ordine del Gran Maestro Guilleume, venisse
rimosso e bandito dalla Terra Santa. Tuo fratello fu costretto a
cedere ed Ugo divenne maestro in Catalogna. Quando il Re lasciò
Acri e tornò (finalmente!) in Francia, Filippo Montfort colpì
di nuovo: i suoi seguaci nel Capitolo, nel corso di una deliberazione
segreta, deposero tuo fratello. Due giorni dopo, tuo fratello fu
trovato ucciso. Non ho dubbi su chi abbia mosso la mano dei sicari.
Come non ho dubbi su chi ha fatto girare voci sui rapporti tra tuo
fratello e i mussulmani.
È vero che tuo fratello da sempre ebbe stretta collaborazione
con i seguaci del Saggio della Montagna, ma io, che fui il suo amico
e il suo servitore, ti giuro che il suo obbiettivo in ciò
era difendere la Terra Santa e seguire il compito segreto affidato
a noi dal sant'uomo Bernardo. E sappi che tuo fratello mi insegnò
che noi, i Buoni Uomini e il Saggio della Montagna in questo santo
compito siamo stati da sempre alleati. Sappi dunque che tuo fratello
è morto per compiere il nostro compito segreto ed è
stato ucciso dall'uomo della stirpe che Satana ha generato sulla
terra per recuperare quegli oggetti di potere che non devono essere
rivelati prima dall'ora designata".
Terza lettera:
"Mio caro fratello in Cristo, mi sembra doveroso farti sapere
che tuo fratello è stato vendicato. Alcuni giorni fa un seguace
del Saggio della Montagna, fingendosi un convertito al cristianesimo
entrò nella cappella dove Filippo di Tiro e suo figlio Giovanni
stavano pregando e pugnalò entrambi. Giovanni è sopravvissuto
mentre l'anima di Filippo ha raggiunto il suo sovrano Satana. Si
dice qui che la mano è stata armata dal sultano dell'Egitto
ma io credo che il Saggio abbia voluto vendicare il suo fratello
e proteggere ulteriormente il segreto della reliquia di Giuseppe".
Con il titolo di Vecchio della Montagna i Crociati indicavano
lo "Sheikh-el-Jebel", ovvero il "Signore della Montagna",
Gran Maestro e capo carismatico di una misteriosa setta ismaelita,
i cui membri, i "Fidawi", erano noti col nome di "Assassini".
Questo termine, entrato nel linguaggio comune per indicare chi
commette degli omicidi, viene fatto derivare dal nome dell'"Hachisch",
droga che a quei tempi era già usata in Oriente.
Si racconta, infatti, che il Signore della Montagna, usando questa
droga, narcotizzasse i suoi seguaci, e li facesse trasportare in
un bellissimo giardino, dove si risvegliavano, fra fiori e profumi,
circondati dalle donne più desiderabili; il ricordo di questa
esperienza paradisiaca, vissuta in uno stato di semi-incoscienza,
doveva dare la certezza di una ricompensa ultraterrena e determinare,
quindi, una totale indifferenza verso la vita, per cui gli Assassini
affrontavano la morte e il dolore senza alcuna paura, anzi con gioia.
Il Signore della Montagna aveva quindi a disposizione un esercito
di fedelissimi seguaci, esecutori passivi, ma temibili e inarrestabili,
della sua volontà, e ne fece un impiego sistematico, soprattutto
per far assassinare avversari politici e religiosi.
Ma, al di là di questi aspetti poco edificanti, ma tristemente
attuali, di una pratica politica basata sull'impiego di assassini-suicidi,
la vicenda del Signore della Montagna appare estremamente interessante
per alcuni suoi aspetti di carattere iniziatico e per i rapporti,
per nulla ostili, che la Setta degli Assassini ebbe con l'Ordine
dei Cavalieri Templari.
Il fondatore della setta fu Hassan ben Sabbah, figlio di un mercante
persiano e compagno di studi a Nishapur del famoso poeta Omar Khayyam.
Dopo essere stato coinvolto in degli intrighi politici che lo costrinsero
a fuggire precipitosamente, Hassan incontrò un vecchio Ismaelita,
che lo iniziò alla "Dottrina della Retta Via", introducendolo
nella "Sebayah", la "Setta dei Sette", che riconosceva
come settimo ed ultimo Iman, Ismael, figlio di Jafar as-Sadik, sesto
Iman sciita.
La Setta, che aveva un carattere iniziatico, era articolata in
sette gradi, in cui veniva progressivamente rivelata una dottrina
segreta, basata sulla conoscenza dei significati nascosti dei Testi
sacri. Al Cairo, Hassan fu iniziato al grado più alto, e sembra
che qui venisse a conoscenza dei segreti connessi all'uso dell'"hachisch".
Dopo essere dovuto fuggire dal Cairo, e dopo aver a lungo viaggiato,
giunse presso Rudbar, fra le montagne a sud del Mar Caspio, e qui
si impadronì della rocca di Alamut (Iran), il "Nido dell'Aquila",
che diventò il centro del suo potere, e il cui nome viene
anche interpretato come "l'Insegnamento dell'Aquila".
Quando nel 1118 Hugues de Payns, il fondatore dell'Ordine Templare,
giunse a Gerusalemme, il Signore della Montagna era ormai saldamente
attestato nella fortezza di Alamut, ma il suo atteggiamento non era
affatto ostile ai Crociati, che considerava anzi dei possibili alleati
nella sua lotta per il potere nel mondo islamico, e tale posizione
fu conservata anche dai suoi successori.
Particolarmente intensi furono i contatti fra i Cavalieri Templari
e gli Assassini, e più volte i Cavalieri del Tempio furono
ospiti al Nido dell'Aquila, tanto da far pensare ad un'alleanza segreta
fra i due Ordini, sospetto che nel 1236 indusse Papa Gregorio IX
a rimproverare i Cavalieri Templari.
Veduta dalla fortezzCerto si possono rilevare diversi punti di
contatto fra i Cavalieri Templari e gli Assassini: entrambi gli Ordini
coniugavano la loro matrice mistico-religiosa ad un carattere militare
e ad una prassi politica spesso spregiudicata; entrambi avevano una
rigida organizzazione gerarchica ed anche i colori dei loro abiti,
il bianco e il rosso, erano simili. Inoltre, gli aspetti segreti
ed iniziatici della setta del Signore della Montagna non possono
non far pensare a quegli aspetti occulti e misteriosi che, pur non
essendo mai stati confermati da prove sicure, sono sempre stati attribuiti
al Templarismo.
Tuttavia non sempre i rapporti fra i Cavalieri Templari e gli
Assassini furono idilliaci e nel 1172 un Cavaliere Templare si rese
colpevole del massacro di un gruppo di Assassini che si erano recati
presso il Re di Gerusalemme.
In altri casi si sospettò che i Cavalieri Templari utilizzassero
gli Assassini per i loro fini politici, come nel 1187, quando i seguaci
del Signore della Montagna assassinarono due dei pretendenti al trono
di Gerusalemme. Inoltre, durante la Gran Maestranza di Robert de
Craon, il Signore della Montagna dovette accettare di pagare un tributo
annuale all'Ordine del Tempio, ma quando Luigi IX il Santo giunse
in Terra Santa, gli inviò degli emissari con dei ricchissimi
doni, chiedendo che questo tributo fosse soppresso.
Come si può vedere, allora come ora, la Storia presenta
diversi lati oscuri: la politica, la guerra e l'assassinio si intrecciano
a motivazioni religiose, talvolta al fanatismo settario o a profezie
apocalittiche, e spesso si intravedono aspetti e collegamenti misteriosi,
che inducono a sospettare l'esistenza di inquietanti retroscena.
"Sappiate che sulle montagne ai confini di Damasco, Antiochia
ed Aleppo, c'è una razza di saraceni che nel loro idioma sono
chiamati "Heyssessini" (...).
Questa stirpe di uomini vive senza legge: in contrasto con la
legge dei saraceni si cibano di carne di maiale ed inoltre si uniscono
senza distinzione con tutte le donne, comprese le proprie madri e
sorelle.
Vivono sulle montagne e sono pressoché invincibili perché
possono rifugiarsi in castelli ben fortificati. (...) Tra di loro
vi è un Signore che desta il più grande timore sia
in tutti i principi saraceni, tanto vicini quanto lontani, che nei
principi cristiani dei paesi confinanti. E ciò perché
li fa uccidere in una maniera straordinaria che è la seguente
: sulle montagne possiede molti splendidi palazzi, circondati da
mura tanto alte che nessuno vi può entrare se non attraverso
una piccola porta sempre ben custodita".
"In questi palazzi vi sono molti figli dei suoi contadini
che vi vengono allevati sin dalla più tenera età. Qui
apprendono molte lingue come il latino, il greco, il provenzale,
il saraceno e tante altre ancora. A questi giovani, dalla prima infanzia
fino alla maturità, i maestri insegnano che devono obbedire
a tutti i desideri ed ordini del Signore della loro terra e che,
se lo faranno, lui, che comanda su tutti gli dei esistenti, donerà
loro le gioie del paradiso.
Viene loro inoltre insegnato che, se si opporranno anche minimamente
al suo volere, la salvezza sarà loro negata.
Sappiate che, dal momento in cui da bambini sono portati all'interno
dei palazzi, non vedono nessuno se non i loro insegnanti e maestri,
e non ricevono nessun ordine fino a quando non sono convocati alla
presenza del loro Principe per uccidere qualcuno. Quando sono di
fronte al Principe, egli chiede se desiderino obbedire ai suoi ordini
così che egli possa concedere loro il paradiso. Dopo di che,
così come è stato insegnato loro e senza obiezione
e dubbio essi si gettano ai suoi piedi e rispondono con fervore che
lo serviranno in tutto quello che chiederà loro. Quindi il
signore dà ad ognuno un pugnale dorato e li manda ad uccidere
quel principe che egli ha indicato".
Con queste parole un inviato dell'imperatore Federico Il Barbarossa
descriveva nel 1175 la setta degli Assassini. Il successo della prima
spedizione cristiana in Terra Santa (1095-99) aveva infatti messo
in contatto diretto gli adepti di questa confessione con i franchi
che avevano fondato in Siria e Palestina stabili insediamenti. Gli
occidentali erano rimasti profondamente colpiti dalle pratiche di
questa setta, ed in particolare dall'assoluta dedizione dei suoi
affiliati nei confronti dei propri capi, dallo sprezzo del pericolo
e dall'infallibilità delle loro azioni.
In breve tempo questi abili sicari orientali erano quindi divenuti
il paradigma della dedizione più assoluta ad un ideale o ad
un uomo. Inoltre, la collocazione geografica della setta nel misterioso
Oriente aveva fatto nascere numerose leggende intorno agli Assassini.
Fanatismo e senso del meraviglioso si univano quindi nei racconti
dei cronisti medievali, impressionati dalla potenza del Vecchio della
Montagna, il capo siriano della setta, e dall'inspiegabile fedeltà
dei suoi seguaci, che poteva essere motivata solo dalla promessa
di incredibili ricompense in questo mondo e nell'altro. Forse la
più interessante descrizione delle pratiche degli Assassini
è quella di Marco Polo, che con dovizia di particolari dipinge
infatti le loro fortezze come veri e propri paradisi.
"Lo Veglio (...) aveva fatto fare tra due montagne in una
valle lo più bello giardino e ‘l più grande del mondo
; quivi avea tutti i frutti e li più belli palagi del mondo,
tutti dipinti ad oro e a bestie e a uccelli. Quivi era condotti:
per tale veniva acqua, e per tale vino. Quivi era donzelli e donzelle,
gli più belli del mondo e che meglio sapevano cantare e sonare
e ballare ; e faceva credere lo Veglio a costoro che quello era lo
paradiso. E per ciò il fece, perché Maometto disse
che chi andasse in paradiso avrebbe di belle femmine quante ne volesse,
e quivi troverebbe fiumi di latte e di miele e di vino; e perciò
lo fece simile a quello che avea detto Maometto. E gli saracini di
quella contrada credevano veramente che quello fosse il paradiso;
e in questo giardino non entrava se no' colui che voleva fare assassino".
"All'entrata del giardino avea un castello sì forte
che non temeva niuno uomo del mondo. Lo Veglio teneva in sua corte
tutti giovani di dodici anni, li quali li paressono da diventare
prodi uomeni. Quando lo Veglio ne faceva mettere nel giardino, a
quattro, a dieci, a venti, egli faceva loro dare bere oppio, e quegli
dormivano bene tre dì; e facevagli portare nel giardino, e
al tempo gli faceva isvegliare. Quando li giovani si svegliavano,
egli si trovavano là entro e vedevano tutte queste cose, veramente
si credevano essere in paradiso. E queste donzelle sempre istavano
con loro con canti e in grandi sollazzi; donde egli aveano sì
quel che voleano, che mai per lo volere si sarebbero partiti da quel
giardino.
Il Veglio tiene bella corte e ricca, e fa credere a quegli di
quella montagna che così sia com'io v'ho detto. E quando ne
vuole mandare niuno di quelli giovani in niuno luogo, li fa loro
dare beveraggio che dormono, e fagli recare fuori del giardino in
sul suo palagio. Quando coloro si svegliano, trovansi quivi, molto
si maravigliano, e sono tristi che si truovano fuori del paradiso.
Egli se ne vanno incontamente dinanzi al Veglio, credendo che sia
un gran profeta, e inginocchiansi. Egli li domanda: "Onde venite
?" Rispondono: "Dal paradiso" e contagli quello che
v'hanno veduto entro, e hanno gran voglia di tornarvi. E quando il
Veglio vuole fare uccidere alcuna persona, egli fa torre quello lo
quale sia più vigoroso e fagli uccidere cui egli vuole; e
coloro lo fanno volentieri, per tornare in paradiso. (...) In questa
maniera non campa niuno uomo dinanzi al Veglio della Montagna, a
cui egli lo vuole fare; e sì vi dico che più re li
fanno tributo per quella paura".
Questo racconto ci dimostra come ormai la leggenda degli Assassini
si fosse fatta sempre più complessa. La visione distorta dell'Islam,
caratteristica dell'Occidente medievale, si unisce ed elementi favolistici,
fortezze inaccessibili, spietati tiranni, ma anche paradisi artificiali,
frutto dell'inganno della droga e di un astuto signore.
La setta, quindi, si era ben presto guadagnata un posto nell'immaginario
collettivo occidentale al punto che il suo stesso nome sarebbe entrato
nel linguaggio corrente per indicare i sicari. Tuttavia, la rappresentazione
che i cronisti cristiani ci forniscono di questa confessione è
tutt'altro che veritiera. Ben diverse rispetto all'avidità
di denaro e di piaceri erano in realtà le motivazioni che
avevano spinto gli Assassini a fare dell'omicidio un mezzo di azione
politica. Inoltre, del tutto infondati erano i racconti che li volevano
politeisti ed idolatri. Lungi dall'essere una setta sanguinaria,
dominata da un mistificatore senza scrupoli, capace di chiedere ai
suoi uomini di gettarsi nel vuoto con il solo fine di impressionare
un ambasciatore occidentale, gli Assassini rappresentavano in realtà
la frangia più intransigente dell'Islamismo ismaelita, quella
stessa corrente religiosa a cui aderiva ad esempio la dinastia fatimita,
che aveva conquistato l'Africa del Nord.
All'interno della confessione sciita, cioè quella che nella
complicata questione della successione a Maometto aveva sostenuto
Alì, cugino e genero del Profeta, gli Ismaeliti riconoscevano
come propria guida Ismail, il settimo imam dell'Islam, che, vissuto
nell'VIII secolo, sarebbe dovuto ritornare in terra per portare la
fede musulmana al trionfo. Questa corrente religiosa, che oggi ha
il suo capo spirituale nell'Aga Khan, ebbe grande rigoglio durante
l'epoca medievale, giungendo ad elaborare una complessa teosofia,
non priva di accenti misterici e promesse messianiche. Gli Assassini
si battevano quindi sotto la guida del proprio signore per un ideale
religioso ben preciso che si opponeva all'islamismo sunnita dominante.
Il successo dei Fatimiti era stato una conquista di fondamentale
importanza per l'Ismaelitismo, ma la progressiva perdita di potere
da parte dei califfi africani e l'invasione turca avevano posto gli
Ismaeliti nella necessità di adottare una linea d'azione più
risoluta. Fu Hassan ben Sabbah a comandare questa lotta. Egli scelse
quale propria sede il castello di Alamut, costruito sulla cresta
di un'altura nel cuore della catena dell'Elbrurz. La rocca, detta
Nido d'Aquila, si ergeva a più di 1800 metri sul mare ed era
considerata un presidio inespugnabile. Da qui Hassan ben Sabbah dirigeva
la predicazione ismaelita, la conquista di nuove fortezze montane,
ma soprattutto progettava gli attentati contro gli oppositori della
setta. Gli Ismaeliti, infatti, non furono gli inventori dell'assassinio
politico, ma ne fecero un'arma di incredibile efficienza, colpendo
"uomini-simbolo" sunniti.
Nella loro azione non mancava inoltre un certo carattere di ritualità,
dato che tutte le loro vittime perirono trafitte da coltelli, mentre
non fu mai fatto uso di veleni o di armi a distanza. L'omicidio si
connotava quindi anche come un atto sacrificale. Antichi culti di
morte trovavano quindi nuova vita all'interno dell'Islam e l'omicidio
diventava non solo atto dovuto di devozione, ma un'azione sacrale,
capace di santificare chi se ne macchiava le mani.
Racconta il cronista Guglielmo di Tiro: "Immediatamente chiunque
abbia ricevuto l'incarico inizia a sua missione senza pensare alle
conseguenze che potrebbero ricadere su di lui o senza preparasi una
via di fuga". Per gli adepti, infatti, il conseguimento dell'impunità
non aveva alcun senso. Una volta catturati, avrebbero sopportato
qualsiasi pena, convinti dell'eroicità del proprio martirio.
Sotto il comando di Hassan ben Sabbah gli elenchi ismaeliti ricordano
circa cinquanta omicidi, finalizzati a colpire alte personalità
avversarie ed a creare un clima di terrore.
Nessuno, per quanto ben protetto e ritirato, appariva immune dai
loro colpi, dato che determinazione e capacità di dissimulazione
permettevano ai sicari di avvicinare qualsiasi obiettivo. L'atmosfera
instaurata da questi ripetuti atti di violenza è ben descritta
da un cronista arabo che afferma: "Nessun comandante o funzionario
osava lasciare la propria casa senza scorta. Sotto i vestiti portavano
corazze ed il visir indossava una cotta. Per il timore di essere
assaliti gli alti funzionari del sultano chiesero il permesso di
poter portare le armi in sua presenza ed egli glielo accordò".
In un primo tempo gli Ismaeliti concentrarono la loro azione in
Iran. Solo successivamente si volsero alla Siria e proprio alla parte
della setta che qui agiva venne dato il nome di Assassini. La sua
guida fu affidata a Sinan ibn Salman ibn Muhammad, chiamato dagli
occidentali "il Vecchio della Montagna". Anche qui infatti,
gli Assassini presero possesso di diverse fortezze situate tra i
rilievi dell'entroterra.
La tradizione vuole che la denominazione di Assassini derivasse
dall'uso di hashish da parte degli adepti, che l'impiegavano soprattutto
per rafforzare la dipendenza degli affiliati nei confronti dei capi
e per acquistare maggiore sicurezza nel compiere i loro misfatti.
In realtà, oggi gli storici pensano che questa credenza sia
falsa e che sia derivata dal nome arabo "hashishi", il
cui esatto significato non è stato ancora appurato, che era
stato dato alla setta stessa probabilmente dai suoi stessi avversari
con intento derisorio. Nessuna fonte musulmana, infatti, afferma
che al suo interno si facesse consumo di stupefacenti. La storia
degli Assassini in Siria si riduce sostanzialmente al novero degli
omicidi che essi vi perpetrarono. Il signore di Homs, l'emiro di
Mossul ed il comandante delle milizie di Aleppo furono i primi a
perire sotto i colpi dei loro coltelli.
L'insediamento nel Vicino Oriente comportò però
anche i primi contatti con gli occidentali, quei crociati che dopo
la prima spedizione in Terra Santa vi avevano fondato quattro stati
: la contea di Edessa, il principato di Antiochia, la contea di Tripoli
ed il regno di Gerusalemme. Inizialmente, malgrado in alcune occasioni
gli Assassini si fossero scontrati con i cristiani, questi ultimi
non divennero oggetto della loro vendetta. Anzi, sappiamo che gli
Assassini collaborarono con Raimondo di Antiochia ed offrirono addirittura
un'alleanza, dicendo di volersi convertire al Cristianesimo, a re
Amalrico di Gerusalemme. I maggiori nemici degli Assassini rimanevano
infatti i capi musulmani come Norandino, che una sera trovò
sul proprio cuscino un pugnale, evidente monito a non infastidire
la setta, e successivamente Saladino. Questi fu oggetto di diversi
attentati falliti, e, secondo alcune testimonianze, pare che gli
Assassini si fossero avvicinati pericolosamente alla sua persona.
Racconta infatti un cronista musulmano : "Mio fratello (...)
mi narrò che Sinan inviò un messaggero al Saladino
(...), ordinandogli di consegnare un messaggio in privato. Il Saladino
lo fece perquisire e, quando fu sicuro che non costituisse un pericolo,
congedò i presenti facendo restare solo poche persone e gli
chiese di dargli il messaggio. Ma egli disse : "Il mio maestro
mi ha ordinato di non consegnartelo (se non in privato)". Il
Saladino allora allontanò tutti i congregati tranne due mamelucchi,
e disse : "Consegnami il tuo messaggio", ed egli replicò
:"Mi è stato ordinato di dartelo solo in privato",
e il Saladino disse :"Questi due non mi lasceranno. Se vuoi,
dammi il tuo messaggio, altrimenti vattene". Egli disse :"Perché
non hai allontanato questi due come hai allontanato gli altri ?".
Il Saladino rispose : "Li considero come se fossero i miei figli,
io e loro siamo una cosa sola".
Allora il messaggero si rivolse ai due mamelucchi e disse:"Se
vi ordinassi nel nome del mio signore di uccidere questo sultano,
voi lo fareste?". Essi risposero di sì e sfoderarono
le loro spade, dicendo: "Ordina ciò che desideri".
Il sultano Saladino (...) era ammutolito, e il messaggero se ne andò,
portando i due con sé.
Dopo questi fatti, afferma sempre il cronista, Saladino decise
di concludere la pace con gli Assassini, ma la setta avrebbe ben
presto trovato nuovi antagonisti: nel 1152, infatti, un capo franco,
il conte di Tripoli Raimondo II, cadeva sotto i loro colpi. Era la
prima vittima cristiana ricordata dagli Ismaeliti.
L'atto più eclatante contro gli occidentali doveva tuttavia
essere l'uccisione di Corrado di Monferrato, re di Gerusalemme. Dopo
la caduta della Città Santa in mano di Saladino, il principe
italiano, appena arrivato in Palestina, aveva saputo organizzare
eroicamente la difesa di Tiro, ottenendo in seguito anche la corona
del regno. Una sera, mentre faceva ritorno al palazzo reale, venne
avvicinato da due uomini e, mentre uno fingeva di consegnargli una
lettera, il secondo lo pugnalò. I sicari erano conosciuti
a corte ed avevano precedentemente finto di convertirsi al Cristianesimo.
Immediatamente catturati, essi affermarono di aver agito su commissione
di Riccardo I Cuor di Leone, re d'Inghilterra ed in quel momento
in Terra Santa come crociato. In effetti tra Corrado ed il Plantageneto
c'erano stati molti e gravi dissapori circa la conduzione della crociata,
tuttavia pare che il Vecchio della Montagna agisse in questo caso
per eliminare un pericoloso nemico, riuscendo inoltre a seminare
discordia nel campo cristiano. Resta il fatto che gli Assassini avevano
nuovamente colpito con sagacia e sprezzo del pericolo, uccidendo
il sovrano stesso di Gerusalemme.
L'uccisione di Corrado fu in realtà l'ultima mossa di Sinan:
di lì a poco il terribile Vecchio moriva, ma la sua eredità
non sarebbe andata perduta. Gli omicidi infatti continuarono e furono
soprattutto cristiani a cadere. Raimondo, figlio di Boemondo IV di
Antiochia, fu assalito in una chiesa di Tortosa ed il cronista Joinville
racconta addirittura che emissari della setta chiesero a Luigi IX
il Santo, re di Francia e due volte crociato, un tributo come già
pagavano "l'imperatore di Germania, il re d'Ungheria, il sultano
di Babilonia ed altri, perché sanno bene che possono vivere
solo nella misura in cui egli (il loro capo) lo vuole".
Gli occidentali erano quindi ben consapevoli della forza della
setta e ne temevano le ritorsioni.
Non per nulla Brocardo, un sacerdote tedesco, così ammoniva
re Filippo VI di Francia, che nel 1332 progettava una nuova crociata:
"Io indico gli Assassini che sono da maledire e da fuggire.
Loro vendono se stessi, sono assetati di sangue umano, per soldi
uccidono gli innocenti e non si curano né della vita né
della salvezza. Come il diavolo si travestono da angeli della luce
e imitano i gesti, gli abiti, il linguaggio, i costumi e gli atti
delle varie nazioni e dei popoli ; così, travestiti da agnelli,
quando sono scoperti trovano la morte. (...) Per queste ragioni conosco
solo un modo per garantire la protezione e la salvezza del re, ossia
che tra tutta la servitù reale, per qualsiasi servizio, per
quanto piccolo o breve o insignificante, non sia ammesso nessuno
se non coloro dei quali siano sicuramente, pienamente e chiaramente
conosciuti il paese, l'incarico, la nascita, la condizione e la persona".
Gli unici che parevano immuni alle rappresaglie degli Assassini
erano gli ordini monastico-militari del Tempio e dell'Ospedale. In
effetti tali organizzazioni erano riuscite ad imporsi alla setta
dal momento che, ci spiega ancora Joinville, qualsiasi loro dignitario
poteva essere rimpiazzato senza ledere la coesione dell'ordine. Gugliemo
di Tiro ci informa anzi che la setta pagava regolari tributi ai due
ordini e che addirittura i Cavalieri Templari avevano impedito al
Vecchio di convertirsi al Cristianesimo pur di mantenere inalterate
quelle riscossioni. In realtà Guglielmo non amava particolarmente
i Cavalieri Templari, cui spesso rimproverava la superbia e la cupidigia,
e Sinan, come abbiamo visto, aveva diverse volte ventilato la possibilità
di una propria conversione, con il solo intento di giostrarsi tra
le forze crociate e quelle sunnite.
Durante il XIII secolo, tuttavia, il potere della setta in Siria
andava lentamente declinando ed il colpo di grazia le sarebbe stato
inferto dall'invasione mongola e dall'assalto del sultano mamelucco
d'Egitto Baybars. Alcune fonti affermano che egli si sarebbe valso
dei loro servigi. L'attentato ad Edoardo d'Inghilterra e l'uccisione
di Filippo di Monfort a Tiro nel 1270 sarebbero state portate a termine
su sua commissione. In realtà, in questo periodo non si può
affermare con certezza che alcun omicidio fosse compiuto dagli Assassini.
Nel secolo seguente, infine, l'Ismaelismo avrebbe perso gran parte
dei propri adepti e la sua influenza politica si sarebbe fatta quasi
irrilevante. Tuttavia, nella storia gli Assassini avevano lasciato
in ricordo della loro fede una lunga scia di sangue, mentre il loro
nome ancora oggi è indissolubilmente legato al più
antico crimine mai compiuto dall'uomo.
Il
nostro Ordine
I Templari
La Cavalleria
Biblioteca
Alleanze
Bacheca
|