"MATER NAZARENA" S.S.M.O.M.D.T. 


 

 

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I celesti patroni degli Ordini Cavallereschi

LO SPIRITO SANTO DEL DIRITTO DESIDERIO

di Orazio Ferrara

Dei tanti Ordini Cavallereschi, che nel corso dei secoli hanno calcato le scene
della storia del Regno di Napoli, uno dei più fascinosi resta, senza alcun dubbio, quello dei Chevaliers de la Compagnie du Saint Esprit au droit désire.

L'aver scelto a celeste patrono la terza Persona della Trinità, la parte più enigmatica del mistero divino, denota subito la peculiarità di accesa spiritualità, con risvolti forse anche esoterici, che contraddistinguerà sempre la vita di quest'Ordine Cavalleresco e la rossa fiamma, simbolo dello stesso Spirito Santo come tramandano gli Atti degli Apostoli, sarà l'emblema araldico dei suoi cavalieri. La fiamma che alimenterà il diritto desiderio ad essere Chiesa militante e quindi combattente nella missione di custodire, testimoniare e difendere la Fede, anche a prezzo della vita.

La Compagnia dello Spirito Santo del diritto desiderio, detta anche Ordine del Nodo d'Amore, nasceva nel giorno di Pentecoste dell'anno di grazia 1352 per volontà del principe, poi re, Luigi di Taranto, meglio conosciuto come Ludovico di Pannonia, nuovo sposo di Giovanna I, bella ed infelice regina di Napoli.

Capo supremo dell'Ordine era lo stesso re Ludovico, cui solo competeva il diritto di nomina dei nuovi cavalieri. Sede il misterico Castel dell'Ovo, dove ogni anno, appunto nel giorno di Pentecoste, si tenevano le solenni assise del Capitolo dei cavalieri, il cui numero massimo, secondo alcuni studiosi, era fissato in 300, mentre secondo altri, tra cui il Mende, non superava i 70. Notizie sui nomi dei primi cavalieri ascritti si riscontrano nella Storia Napoletana del gesuita Nicolò Giannattasio, redatta in latino e pubblicata nel 1713.

Il riconoscimento della Chiesa si ebbe con il Breve di conferma di papa Clemente VI. La sacra milizia doveva osservare i rigidi canoni della Regola di San Basilio, inoltre i cavalieri erano tenuti al digiuno assoluto nel venerdì di ogni settimana. L'inosservanza di quest'ultima prescrizione comportava per il cavaliere l'obbligo di dar da mangiare a tre mendicanti. Il tre in onore e lode della Santissima Trinità.

La divisa degli ascritti all'Ordine era di colore bianco, a simboleggiare la loro purezza adamantina nella fede e nell'onore. Unica decorazione ammessa, da portarsi sul petto o sul braccio a scelta del cavaliere, un nodo d'amore fatto di fili di seta rosso cremisi e oro. Al disotto del nodo era ricamato il motto: se Dieu plait (a Dio piacendo). Lo stesso motto, con accanto il nome del cavaliere, veniva inciso sull'elsa della spada. Sempre il Giannattasio, nella citata sua Storia Napoletana, scrive di un dipinto del Palazzo della regina Giovanna a Posillipo, in cui si vedeva re Luigi ( o Ludovico ) circondato da nobili cavalieri del Nodo rivestiti della bianca divisa.

Il venerdì, quale segno di lutto a ricordo della morte di Nostro Signore Gesù Cristo, i membri dell'Ordine erano obbligati ad indossare un cappuccio nero, che portava l'emblema del nodo d'amore, per l'occasione intessuto in seta bianca. Per il ricorrente bel simbolismo del laccio d'amore la nobile Compagnia era denominata, come già accennato, anche Ordine del Nodo d'Amore.

Gli Statuti fissavano poi tassativamente i casi per cui un cavaliere potesse sciogliere il suo nodo. Allorché venisse gravemente ferito dal nemico in combattimento, nel caso fosse stato il primo ad assalire una schiera nemica, nel caso avesse ferito o ucciso, in leale combattimento, un nemico, nel caso infine avesse strappato, sempre in battaglia, insegne o trofei al nemico.

Il nodo, una volta sciolto, si riannodava soltanto quando il cavaliere avesse visitato, sotto le spoglie di umile pellegrino, il Santo Sepolcro. Solo allora il nodo poteva riannodarsi, con sopra una rossa lingua di fuoco, sormontata dal nome del cavaliere, e sotto il nuovo motto: il a pleut à Dieu ( è piaciuto a Dio ).

Ogni anno i cavalieri erano tenuti a presentare al Gran Maestro una narrazione scritta dei fatti d'arme, cui avevano partecipato. Gli atti di valore, meritevoli di menzione, venivano poi annotati su un registro detto livre des avvenements, che si conservava nella sede dell'Ordine. Nelle annuali assise di Pentecoste, quando il Capitolo dell'Ordine si riuniva nella gran sala di Castel dell'Ovo, coloro, che avevano sciolto il nodo per gloriosi fatti d'arme, e coloro, che l'avevano riannodato con la rossa fiamma per aver visitato il Santo Sepolcro, sedevano alla mensa d'onore con il Gran Maestro. Avere un posto intorno a questa tavola, chiamata tavola desiderata, era l'aspirazione suprema di ogni cavaliere neofita. Dunque uno sprone irresistibile a nuove eroiche azioni.

Ad un'esaltazione così coinvolgente del valore individuale corrispondeva, d'altro canto, un totale disprezzo per il cavaliere colpevole della pur minima indegnità. Quest'ultimo doveva recarsi alle Assise del Capitolo tutto vestito di nero, con una fiamma rossa dal lato del cuore e con ricamata la scritta: fais esperance au Saint Esprit de ma grande honte amender ( faccio voti allo Spirito Santo di emendarmi della mia grave colpa ). Sedeva, solitario, al centro della sala e nessuno poteva rivolgergli la parola. Solo se il Gran Maestro e il Consiglio ritenevano che avesse espiato abbastanza, solo allora poteva essere riabilitato agli occhi degli altri cavalieri.

Il rituale per la morte di un cavaliere era assai suggestivo pur nella sua estrema semplicità. La spada del defunto era presentata dagli eredi al Re e Gran Maestro, durante l'Offertorio della messa funebre. Questa spada veniva poi appesa nella cappella della sepoltura e se il cavaliere aveva meritato, in vita, la fiamma sul nodo, successivamente si poneva una lapide in marmo, con sopra scolpite una lingua di fuoco e le parole: il achevat sa partie du droit désire ( egli ha portato a termine la sua parte del diritto desiderio ).

La polvere dei secoli non ha cancellato il ricordo di questi splendidi cavalieri. Ancora oggi, nel Duomo di Napoli, sulla pietra tombale di Colluccio Bozzuto, cavaliere dell'Ordine dello Spirito Santo del diritto desiderio, si può leggere: … qui fuit de Societate Nodi illustris Ludovici Regis Siciliae quem nodum in campali bello victoriose dissolvit, et dictum nodum religavit in Jerusalem, qui obiit…. La cui traduzione libera suona: … che fu della Nobile Compagnia del Nodo di Ludovico Re di Sicilia e che il nodo sciolse in vittoriosa battaglia campale, e che detto nodo riannodò in Gerusalemme, qui morto….

Eppure egli vive ancora !

 

 

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